lunedì 13 febbraio 2012

Abbazia di Novacella: un bicchiere di Lagrein Riserva tra sacro e profano

E dopo aver versato qualche lacrima spirituale è conveniente tornare ad ammirare le lacrime e gli archetti che crea un buon bicchiere di vino nella sua dimora ideale: il bicchiere.

Con la fantasia torno in una regione a me cara, forse quella che ormai conosco meglio: Il Trentino Alto Adige, sponda sudtirolese.
Questa volta saliamo un pò più a Nord lungo l'autostrada del Brennero, con un pò di magone superiamo l'amata WeinStrasse nei dintorni di Bolzano, e saliamo su verso Bressanone, proprio nel cuore di un'altra zona vinicola d'eccellenza: la Valle Isarco.

Pensi alla Valle Isarco e se ami il vino ti viene in mente la splendida Abbazia di Novacella, che oltre ad essere una bella meta turistica per religiosi e non, è anche una delle tante ottime cantine della regione.
Grandi bianchi innanzitutto, vero fiore all'occhiello dell'enologia alto-atesina, ma anche rossi di buona qualità e personalità.

Non è questo il caso purtroppo, almeno secondo me.
Dopo l'interessante "Spigel" di Caldaro, ho assaggiato stasera il Lagrein Riserva di Novacella, uno dei vini presenti nella famiglia dei Praepositus, linea di punta dell'azienda.

Nonostante l'importanza della bottiglia e il discreto prezzo (sopra i 20€ in enoteca) il vino in questione mi ha un pò deluso, sulla scia di alcuni assaggi che a volte capita di fare dove l'enologia pesa un pò troppo e non positivamente sul risultato finale.

Colore carico e profondo, classico del Lagrein dove un rubino acceso viene tagliato da riflessi violacei sull'unghia.
Il naso è un pò chiuso, timidamente accarezza il nasco con promettenti sentori di tabacco e cuoio su sottofondo leggermente balsamico, sensazioni che incuriosiscono ma non seducono.
Frutto maturo, note di marmellata, il tutto a bicchiere fermo. Trattenuto, non si lascia andare.
E quando pensi che il meglio debba ancora venire, c'è il legno del barrique a riportarti sulla terra.
Roteando il bicchiere viene fuori con prepotenza e copre tutto il resto per alcuni secondi, accompagnato da note vanigliate e dolciastre un pò stucchevoli.
Bisogna assaggiare per dimenticare.

In bocca il vino risulta fresco e di buona beva, spiccano le note più dure bilanciate da un tannino però abbastanza morbido e non particolarmente astringente.
Retrogusto amarognolo, di cioccolato nero, che accompagna il vino ad un finale soddisfacente e abbastanza lungo.

Un vino austero, ben costruito se vogliamo, ma poco emozionante e troppo monocorde soprattutto al naso. Da abbinare con canederli, gulasch, selvaggina.

Ci sono Lagrein a mio avviso più interessanti, con prezzi anche più competitivi.
In ogni caso la cantina merita una visita a 360 gradi, e se vi capita di poter visitare anche l'enoteca tuffatevi sui bianchi senza pensarci troppo!

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